Rossana Bossaglia
Presentazione del volume "Melo paesaggi", Galleria Ponte Rosso, Milano 2001 Torna alla pagina "Critica"
Mentre sto esaminando le sue vedute di Parigi, Melo mi dice, con un garbato e scherzoso sorriso, che il riferimento agli impressionisti è ancora e sempre fondamentale nella rappresentazione artistica, specie quando si tratti di paesaggi, e più ancora di contesti urbani. Lo dice - o almeno così lo intendo - con gentile superbia; poiché egli non teme che si colgano le sue radici creative ed espressive in un mondo che ha più di un secolo di storia; si sente, ed è, un maestro fuori del tempo, che si riconosce nei modelli cui ha riservato la sua predilezione e nel contempo agisce con respirante e immediata libertà.
A nessuno viene in mente, osservando i vitali paesaggi raccolti nella presente occasione, che essi derivino da altri quadri; appaiono anzi come il frutto di un'immediata trascrizione emotiva. Ma dentro, si sa, c'è un'attenta sensibile cultura; che è appunto quella nel cui tramite il pittore, proveniente da una famiglia di artisti, ha indirizzato il suo talento e la progressiva esperienza di mestiere verso esiti originali. Non è accademico, e nel contempo non ha avuto bisogno di proporsi con audacie formali per raggiungere un suo proprio linguaggio. Prova ne sia la qualità dei suoi straordinari ritratti, che non riguardano la mostra attuale, ma che hanno creato la fama, diciamo pure mondana, del pittore; ritratti non convenzionali, non fotografici: eppure vi si riconosce perfettamente la persona rappresentata; e ancor più: la resa è fedelissima, ma non spietata; si individua subito la fisionomia ma si è insieme coinvolti dal modo con cui essa è proposta, appunto come persona, nella sua vitalità.
Ritorniamo ai paesaggi. La campionatura offerta nella presente occasione copre un ampio arco di tempo; e la lettura della sequenza di opere può essere condotta in vari modi: in particolare, in ordine cronologico oppure in ordine tematico. Quest'ultima indagine consente osservazioni specifiche sul modo con cui sono trattate dall'artista iconografie di antica tradizione e visioni nuove. Per Venezia e Parigi, che sono argomenti pittorici consueti, è stimolante considerare quale rapporto Melo abbia tenuto con i modelli storici, i primi soprattutto settecenteschi, ottocenteschi i secondi; non avendo egli infatti uno spirito dissacratorio, non ci aspettavamo certo che li rifiutasse ma neppure che li copiasse. Ebbene, Melo non ha cercato tagli d'imma o particolari panorami differenti da quelli tradizionali; al contrario, oserei dire che ha sfidato il confronto; con una sorta di delicatezza sentimentale nel primo caso (una Venezia alla Guardi percorsa dalla sottile nebbia del tempo, insieme immediata e remota) e con una lucida commossa attenzione nel secondo (una Montmartre fin de siècle entro cui si inserisco segni evidenti del presente, che non ne obliterano la fisionomia ma le imprimono il tono di un confronto diretto). E così, le vedute di Londra sono contemporaneamente quelle di De Nittis e quelle del moderno viaggiatore.
E' vero che le scene rappresentanti spiagge tirreniche del nostro tempo hanno un taglio e un sapore diverso, non solo per ovvi motivi iconografici; la pennellata è più fratta, meno scorrevole: e si parla qui anche di vedute cronologicamente vicine a quelle sopra menzionate (Melo ha più volte in periodi successivi ripreso tematiche che gli sono congeniali). Sembra di ritrovare nelle raffigurazioni di spiagge ora citate, l’impronta dell’alunnato a Brera, specie sotto la guida di Giuseppe Palanti.
E qui viene opportuno passare alle considerazioni sulla successione cronologica. Perché, è vero, come ogni artista di forte personalità Melo è sempre se stesso; ma non è estraneo a un'evoluzione di maniera che in lui è soprattutto un'evoluzione di gusto, corrispettiva del suo viaggiare in luoghi diversi e confrontarsi con situazioni ambientali di forte caratterizzazione moderna. Così nel raffigurare la londinese stazione del quartiere di Chelsea, e soprattutto il panorama di New York ripreso da Brooklyn, o, in un contesto invernale, dal Central Park, e ancora la Quinta Strada, opere tutte del periodo, Melo si confronta con una fisionomia storica della città, ma che è appunto la storia delle nuove strutture architettoniche e dei nuovi contesti urbani del ventesimo secolo. Il segno si fa più duro e insieme più fluido, rapido, sommario; la descrizione è riassuntiva, nel medesimo tempo capace di darci un'idea efficacissima dei grattacieli, sorta di monumenti archeologici confrontati con l'effimero della natura.
Ecco perché volentieri Melo (si guardi alle immagini di Milano) rappresenta ampie vedute della città colte dalla terrazza; e ce le rappresenta con la neve, con gli alberi spogli: per darci insieme un’idea del luogo come tale, del luogo storico cioè, e dello scorrere del tempo. Sicché, come e più di prima, questo artista creativo ci offre un'immagine del mondo insieme realistica e trasfigurata.
A nessuno viene in mente, osservando i vitali paesaggi raccolti nella presente occasione, che essi derivino da altri quadri; appaiono anzi come il frutto di un'immediata trascrizione emotiva. Ma dentro, si sa, c'è un'attenta sensibile cultura; che è appunto quella nel cui tramite il pittore, proveniente da una famiglia di artisti, ha indirizzato il suo talento e la progressiva esperienza di mestiere verso esiti originali. Non è accademico, e nel contempo non ha avuto bisogno di proporsi con audacie formali per raggiungere un suo proprio linguaggio. Prova ne sia la qualità dei suoi straordinari ritratti, che non riguardano la mostra attuale, ma che hanno creato la fama, diciamo pure mondana, del pittore; ritratti non convenzionali, non fotografici: eppure vi si riconosce perfettamente la persona rappresentata; e ancor più: la resa è fedelissima, ma non spietata; si individua subito la fisionomia ma si è insieme coinvolti dal modo con cui essa è proposta, appunto come persona, nella sua vitalità.
Ritorniamo ai paesaggi. La campionatura offerta nella presente occasione copre un ampio arco di tempo; e la lettura della sequenza di opere può essere condotta in vari modi: in particolare, in ordine cronologico oppure in ordine tematico. Quest'ultima indagine consente osservazioni specifiche sul modo con cui sono trattate dall'artista iconografie di antica tradizione e visioni nuove. Per Venezia e Parigi, che sono argomenti pittorici consueti, è stimolante considerare quale rapporto Melo abbia tenuto con i modelli storici, i primi soprattutto settecenteschi, ottocenteschi i secondi; non avendo egli infatti uno spirito dissacratorio, non ci aspettavamo certo che li rifiutasse ma neppure che li copiasse. Ebbene, Melo non ha cercato tagli d'imma o particolari panorami differenti da quelli tradizionali; al contrario, oserei dire che ha sfidato il confronto; con una sorta di delicatezza sentimentale nel primo caso (una Venezia alla Guardi percorsa dalla sottile nebbia del tempo, insieme immediata e remota) e con una lucida commossa attenzione nel secondo (una Montmartre fin de siècle entro cui si inserisco segni evidenti del presente, che non ne obliterano la fisionomia ma le imprimono il tono di un confronto diretto). E così, le vedute di Londra sono contemporaneamente quelle di De Nittis e quelle del moderno viaggiatore.
E' vero che le scene rappresentanti spiagge tirreniche del nostro tempo hanno un taglio e un sapore diverso, non solo per ovvi motivi iconografici; la pennellata è più fratta, meno scorrevole: e si parla qui anche di vedute cronologicamente vicine a quelle sopra menzionate (Melo ha più volte in periodi successivi ripreso tematiche che gli sono congeniali). Sembra di ritrovare nelle raffigurazioni di spiagge ora citate, l’impronta dell’alunnato a Brera, specie sotto la guida di Giuseppe Palanti.
E qui viene opportuno passare alle considerazioni sulla successione cronologica. Perché, è vero, come ogni artista di forte personalità Melo è sempre se stesso; ma non è estraneo a un'evoluzione di maniera che in lui è soprattutto un'evoluzione di gusto, corrispettiva del suo viaggiare in luoghi diversi e confrontarsi con situazioni ambientali di forte caratterizzazione moderna. Così nel raffigurare la londinese stazione del quartiere di Chelsea, e soprattutto il panorama di New York ripreso da Brooklyn, o, in un contesto invernale, dal Central Park, e ancora la Quinta Strada, opere tutte del periodo, Melo si confronta con una fisionomia storica della città, ma che è appunto la storia delle nuove strutture architettoniche e dei nuovi contesti urbani del ventesimo secolo. Il segno si fa più duro e insieme più fluido, rapido, sommario; la descrizione è riassuntiva, nel medesimo tempo capace di darci un'idea efficacissima dei grattacieli, sorta di monumenti archeologici confrontati con l'effimero della natura.
Ecco perché volentieri Melo (si guardi alle immagini di Milano) rappresenta ampie vedute della città colte dalla terrazza; e ce le rappresenta con la neve, con gli alberi spogli: per darci insieme un’idea del luogo come tale, del luogo storico cioè, e dello scorrere del tempo. Sicché, come e più di prima, questo artista creativo ci offre un'immagine del mondo insieme realistica e trasfigurata.
Quando temperamento e creatività si sposano, il risultato è emozionante.