1990_Ghiberti - Attilio Melo - Pittore

Attilio Melo
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Stefano Ghiberti
Arte, Milano, gennaio 1990       Torna alla pagina "Critica"


La carriera di Attilio Melo come ritrattista cominciò nel migliore dei modi. A quindici anni, quando il padre comprese che il figlio era nato con la sua stessa "maledizione" addosso, cioè la pittura, lo mise alla frusta: a disegnare a imparare tecniche e combinazioni coloristiche, e così via.
Finita la seconda guerra, Attilio Melo si trasferì a Milano, dove si iscrisse a Brera. Ben presto però, si accorse che molto di quello che gli insegnavano lo sapeva già. Allora andò dal pittore Aldo Carpi, il quale, dopo avere esaminato alcuni suoi lavori, gli disse: "Senti, qui tu perdi tempo. Sei bravo, conosci già il tuo mestiere: e allora vai e studia per conto tuo i grandi maestri del ritratto, da Tiziano a Hayez a Tallone. E anche i paesaggisti, perché anche in questo sei bravo. Capito?"
E Melo se ne andò a studiare per conto suo, museo dopo museo, mostra dopo mostra. Finché un giorno incontrò un suo fraterno amico, il giornalista Ettore Della Giovanna, il quale non soltanto l'invitò a Roma, ma gli presentò molta gente "bene". E fu così che Melo dipinse il ritratto del principe Colonna, della principessa Pignatelli e di altri nomi della nobiltà: i quali rimasero colpiti dalla serietà del giovane maestro "milanese" e dall'abilità con cui egli eseguiva ritratti che, pur moderni non erano "picassiani", e quindi degni di ben figurare nelle quadrerie di famiglia, accanto ai maestri del passato. "Da allora", racconta il maestro veneziano, "di ritratti ne ho fatti un'infinità. Ricordo che il primo ritratto ufficiale fu quello di Davide Campari; al quale seguirono Consuelo Crespi, le principesse Torlonia, Odescalchi e Colonna, l'attrice Sophia Loren, la contessa Visconti di Modrone e decine e decine di altri personaggi."
... Cosa vuol dire fare un ritratto da un punto di vista tecnico? Risponde Melo: "Prima molti disegni, poi l'olio, o tempera o pastello. Bisogna far parlare la persona, altrimenti se ne sta lì impalata; senza però farsi mai accorgere che ci sono o ci possono essere delle difficoltà nel capire, nel definire, altrimenti essa si agita e allora si deve ricominciare da capo. Naturalmente il mestiere è di grande aiuto, ma per fare le cose vere e autentiche i trucchi o gli accorgimenti servono a ben poco. Direi che per fare un buon ritratto ci vuole molta concentrazione e un po' di fortuna".
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